Psicologo Psicoterapeuta Human Resource Specialist

DR. GIUSEPPE LO FURNO


CATANIA - Via Savoia 57

NICOSIA - Via Casale 2



Cell: 3206568786
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PERCORSI DI FELICITA'


“Percorsi di Felicità” è un percorso di crescita personale e di autorealizzazione. Attraverso il dispositivo gruppo, ai laboratori di psicologia positiva e di empowerment , ogni partecipante potrà migliorare la qualità... di vita (relazionali-sociali-economiche) e lo sviluppo delle proprie potenzialità sia psicologiche che fisiche (autostima, felicità, comunicazione, carriera, riduzione dello stress, consapevolezza psicofisica, ecc.).
Gli incontri si svolgeranno in contesti naturali, storici ed artistici. I luoghi sono scelti in base al valore simbolico ed alle risonanze psicoaffettive.


 

 

 

 
 

GESTIONE DELL'ANSIA:

UN PERCORSO IN 10 SEDUTE PER IMPARARE

A  SVILUPPARE CONSAPEVOLEZZA E MIGLIORARE LA PROPRIA VITA
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Psicoterapia Cognitivo Costruttivista

Nell’ottica cognitiva, nell’ambito della psicopatologia, si preferisce utilizzare i concetti dinamici - legati al

divenire individuale - di compenso e scompenso, anziché quelli statici di normalità

e psicopatologia. Ogni sistema conoscitivo evolve gradualmente verso livelli di maggiore

complessità e ordine interno cercando costantemente di mantenere

un proprio equilibrio ovvero la propria coerenza sistemica. Tale

equilibrio non può considerarsi raggiunto una volta per tutte, poiché

deve ristrutturarsi continuamente in rapporto alle validazioni e invalidazioni

cui va incontro nella sua relazione con il mondo, mantenendo

integro il senso dell’identità personale (Guidano, 1988). Un processo

di crisi o di scompenso può verificarsi quando nel confronto con la

realtà alcuni schemi nucleari (sovraordinati) connessi con l’identità

personale affrontano un processo di invalidazione che determina la

necessità a un riordinamento complessivo talmente ampio da superare le loro capacità di ristrutturazione.

La cornice all’interno della quale si articola il processo terapeutico,

nell’ottica costruttivista, è esemplificabile mediante la metafora originariamente

proposta da Kelly (1955) dell’uomo come scienziato. Il lavoro

terapeutico è concettualizzato come un processo di ricerca all’interno

del quale paziente e terapeuta svolgono i ruoli distinti e

complementari rispettivamente di ricercatore e di supervisore alla ricerca.

La metafora definisce le competenze specifiche di ciascuno dei

due membri della relazione: il paziente è l’esperto rispetto all’oggetto

della ricerca (il suo sistema di conoscenza, le sue sensazioni, i suoi

pensieri, le sue emozioni ecc.) poiché è l’unico ad avere la possibilità

di un contatto diretto con esso; il terapeuta è l’esperto rispetto al metodo

e il suo compito è quello di suggerire gli strumenti, le procedure

e i tempi per portare avanti l’intero processo. In questo lavoro la

logica è quella della ricerca scientifica: non esistono verità, ma solo

ipotesi, più o meno attendibili, che devono essere verificate, ipotesi

che saranno considerate valide solo nella misura in cui non si riesca a invalidarle e il paziente

le viva come coerenti con le altre regole del suo sistema di conoscenza

e congruenti con le sue sensazioni emotive.

L’obiettivo della ricerca è la ricostruzione delle caratteristiche degli

schemi prevalenti del sistema di conoscenza del paziente, della

loro influenza sul suo comportamento e dei processi di costruzione

dei significati. Alcune di queste strutture e di questi processi sono più

facilmente accessibili per la coscienza, altri più difficili o addirittura

impossibili da rappresentare a questo livello. Ad esempio i processi

interni che fanno sì che - in un determinato momento - un individuo

si comporti nella relazione con un altro precisamente come si sta

comportando possono raggiungere il livello della consapevolezza solo

in minima parte. Al massimo, focalizzando l’attenzione sui propri

comportamenti, è possibile essere consapevoli degli obiettivi generali

che guidano, ma la scelta specifica delle parole pronunciate, della

gestualità, della mimica e delle emozioni che li accompagnano derivano

da un insieme complesso di processi interni che, per la contemporaneità

e la rapidità del loro svolgersi e per l’automatismo che li contraddistingue,

non sono e non possono essere consapevoli.

Il processo di autoconoscenza comporta quindi spesso il tentativo

di ricostruire, a posteriori, e in termini inferenziali, i processi messi in

atto al di fuori della consapevolezza.

Comunque, sia che ci si proponga di ricostruire strutture conoscitive

più facilmente accessibili alla coscienza o strutture della conoscenza

non consapevole, è il paziente stesso che dovrà effettuare la

ricostruzione delle conoscenze relative a se stesso. Compito del terapeuta

è aiutarlo ed accompagnarlo nel percorso di autoconoscenza,

indirizzandolo (spingendolo a “guardare”) nelle direzioni potenzialmente

più utili e sostenendolo nei momenti emotivamente più difficili,

senza offrire proprie interpretazioni o conoscenze “preconfezionate”.

Anche quando si lavori su materiali altamente simbolici, come nei

sogni notturni, è compito del paziente formulare le interpretazioni,

mentre il terapeuta si limiterà a facilitarle proponendogli accostamenti

fra immagini narrate, sensazioni provate, ricordi significativi e frammenti

di autoconoscenze ricostruite nel corso del lavoro terapeutico.

Poiché non esiste la possibilità di un accesso diretto alle proprie conoscenze

inconsapevoli, la loro ricostruzione passa essenzialmente attraverso un processo indiretto

e inferenziale. Il paziente viene invitato a porsi nella posizione di un osservatore

esterno a se stesso, ad adottare metodologie di auto-osservazione (rispetto ai propri

comportamenti, pensieri, stati d’animo, emozioni) tentando di costruire a posteriori

ipotesi esplicative su propri contenuti o processi conoscitivi non compresi in quanto

non rappresentabili direttamente nella coscienza (Cionini, 1991).

Per risultare efficace ai fini del cambiamento, l’acquisizione di

nuove conoscenze su di sé non può essere esclusivamente razionale,

ma deve essere sentita e rivissuta emotivamente. Una persona può

comprendere razionalmente molte cose relativamente al modo in cui

funzionano i propri processi psichici, senza che questo induca cambiamenti

interni significativi. Un conto, ad esempio, è capire teoricamente

che molti dei propri problemi attuali derivano da determinate

interazioni avute con i genitori durante l’infanzia, un altro è riuscire -

con le attuali potenzialità cognitive - a riattivare e rivivere nel setting

terapeutico le sensazioni di abbandono, ostilità o paura che pur avendo

caratterizzato gran parte di quel periodo di vita non sono state

espresse e sono state quindi inibite e mascherate. È prevalentemente

attraverso questo percorso che la modalità di rappresentarsi quelle

esperienze, una volta ricostruite a livello di coscienza, può andare incontro

ad un processo di riorganizzazione che può tradursi in una

modifica dei significati personali.

Per facilitare il paziente nel passaggio dal capire al sentire possono

essere utilizzate tecniche specifiche di lavoro sulle emozioni ed un

uso differenziato del setting con l’utilizzazione, in determinati momenti,

di una poltrona reclinabile .

All’interno di questa cornice teorico-metodologica la lunghezza

media di un trattamento psicoterapeutico è di circa tre-quattro anni

(con frequenza settimanale delle sedute), pur all’interno di un’ampia

variabilità individuale.